La Serie A e gli scioperi nella storia del calcio italiano

PalloneSquadre a casa, e spalti completamente deserti. Il 17 Marzo 1996 (esattamente vent’anni fa) per la prima volta nella sua storia il mondo del calcio italiano scoprì tra le sue parole anche il termine sciopero. Già in passato, a dire il vero, era stato minacciato lo sciopero da parte dei calciatori (la prima l’11 maggio 1969, quando i giocatori chiesero l’annullamento della norma che consentiva alle squadre di Serie A e B di ridurre del 40% i compensi dei giocatori stessi in caso di mancato raggiungimento di un numero minimo di presenze; il 14 Aprile 1974 per solidarietà nei confronti di Augusto Scala, il quale voleva restare a Bologna invece di andare all’Avellino; il 30 Gennaio 1977 per solidarietà nei confronti di Artico, un giocatore dello Scicli (formazione militante all’epoca in Serie D), il quale era stato messo fuori rosa, maltrattato dal proprio Presidente, e al quale era stato addirittura trattenuto il proprio stipendio), però alla fine in tutti questi casi era stato possibile trovare un accordo.
La prima avvisaglia che però qualcosa nel mondo del calcio stava cambiando (dopo l’equiparazione da parte della Cassazione il 23 Marzo 1981 dell’atleta sportivo al lavoratore dipendente) avviene il 18 Dicembre 1994, durante l’ultimo turno di campionato prima della pausa natalizia. In quell’occasione, infatti, i giocatori della Serie A scendono in campo con 45 minuti di ritardo per protestare per mancato pagamento degli stipendi da parte delle società per quei giocatori facenti parte di squadre non ammesse ai campionati.

Arriviamo così al 5 Marzo 1996, quando l’AIC (Associazione Italiana Calciatori) presieduta da Sergio Campana decide di proclamare per il 17 Marzo il primo sciopero effettivo nella storia della Serie A: i motivi per cui i calciatori si rifutano di scendere in campo sono il Fondo di Garanzia, la modifica della Legge 91, il rinnovo dell’Accordo Collettivo, la previdenza, i parametri dopo l’entrata in vigore della Legge Bosman, la ristrutturazione dei campionati, le situazioni di morosità, le aggressioni ai calciatori e la richiesta del diritto di elettorato attivo e passivo. Le partite di quella giornata di campionato verranno recuperate infrasettimanalmente il 10 Aprile. Che si tratti di un momento storico nella storia del calcio nel nostro Paese lo intuisce anche il Presidente Federale, Antonio Matarrese, il quale dichiarò all’epoca «Non potevamo restare immuni da una rivoluzione che sta investendo economicamente e socialmente il nostro Paese. Questo momento ha il valore di una svolta storica, e proprio noi, in sede di Consiglio federale, abbiamo maturato per primi la convinzione di trovarci di fronte ad un passaggio culturale».

Negli anni successivi in altre occasioni i giocatori ritarderanno di 15 minuti l’inizio delle partite (il 22-23 Dicembre 2000 per protestare contro la violenza nel calcio e le aggressioni subite dai calciatori dopo la bomba molotov lanciata contro il pullman dell’Inter alcuni giorni prima; stessa situazione l‘8 Dicembre 2002 per solidarietà nei confronti di Manitta (Messina) e Baldini (Napoli) aggrediti alcuni giorni prima).

Per arrivare a un altro sciopero paragonabile a quello del 1996 bisogna però arrivare al 27-28 Agosto 2011, quando viene annullata la prima giornata di campionato in quanto la Lega di Serie A e i calciatori non riuscirono a firmare per tempo l’Accordo Collettivo. Tante le questioni che prima dell’inizio del campionato non vennero raggiunte: tra le tante meritano di essere citate l’intenzione della Lega A di obbligare il calciatore ad accettare un trasferimento ad un altro club di pari livello e a parità di trattamento economico; l’obbligo dei calciatori a farsi curare, nel caso di infortunio, dallo staff medico del club di appartenenza senza poter consultare un proprio medico di fiducia; la flessibilità dei contratti; l’adozione di un Codice Etico che avesse valore non solo in campo ma anche fuori sulla falsariga di quanto all’epoca aveva introdotto l’ex Ct azzurro Cesare Prandelli in Nazionale; l’impossibilità da parte del calciatore di poter svolgere un’altra attività nel tempo libero; l’autorizzazione agli allenatori di poter dividere in più gruppi la squadra autorizzando così indirettamente gli stessi a poter mettere fuori rosa alcuni giocatori. Alla fine, però, l’accordo venne trovato con la FIGC che stilò delle vere e proprie linee da seguire e che in merito agli allenamenti differenziati dava sì modo ai tecnici di dividere in più gruppi la squadra ma solo per un limitato periodo di tempo. Assocalciatori e Lega di Serie A firmarono così un accordo valido fino al termine della stagione 2011/2012, con la promessa di trovarsi prima della nuova stagione in modo tale da firmare il nuovo accordo Collettivo. E così è stato. Dopo lo sciopero del 2011 non si sono più registrate fratture significative tra giocatori e società. Almeno fino a oggi.

Rüdiger Franz Gaetano Herberhold

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